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Tipicità picene: il racconto delle fonti antiche

Tipicità picene: il racconto delle fonti antiche

Pubblicato il 08.05.2023.
Redazione Picenum Legacy

Facendo oggi un viaggio nel territorio marchigiano e anche nelle zone di confine con le regioni limitrofe, andiamo a scoprire alcuni prodotti tipici le cui caratteristiche sono state apprezzate fin dall’Antichità, da quelle civiltà che l’hanno popolato, primi fra tutti i Piceni.

Le olive

In particolare, se ci fermiamo nelle province meridionali e nei territori al confine con la regione Abruzzo, è sicuramente considerata un prodotto tipico l’oliva verde che oggi costituisce anche l’ingrediente principale per la famosissima ricetta delle olive all’ascolana (olive verdi fritte, ripiene di carne). Ma la bontà di questo prodotto era nota già in epoca romana: le fonti antiche, e in particolare Plinio il Vecchio (23 – 79 d.C.) e Marziale (38 o 41 – 104 d.C.) ci testimoniano come queste fossero particolarmente apprezzate sulle tavole dei romani. In particolare ci racconta Plinio:

“… et in ipsa Italia ceteris Picenae et Sidicinae…”
“… all’interno della stessa Italia su tutte le migliori sono le olive Picene e Sidicine.” (Plinio – Naturalis Historia – XV, 15-16 / Traduzione L. Antonelli)

E ancora Marziale conferma:

Post haec omnia forte si movebit / Bacchus quam solet esuritionem, / succurent tibi nobiles olivae, / Piceni modo quas tulere rami, / et fervens cicer et tepens lupinus. […]”

“Dopo questa abbuffata, se per caso Bacco ti risveglia come al solito ancora un po’ di fame, verranno in tuo aiuto le nobili olive, appena colte dai rami piceni, e i ceci bollenti coi tiepidi lupini […]”(Marziale – Epigrammi – V, 17-21 / Traduzione L. Antonelli)

Inoltre, le testimonianze archeologiche ci confermano che questo alimento veniva consumato anche nelle fasi precedenti: resti di noccioli d’oliva sono stati trovati nello scavo del sito di Fonte Tasca (CH), datato all’età del Bronzo Finale e nei livelli stratigrafici riferibili all’Età del Ferro, rinvenuti nel sito della Fortellezza di Tortoreto (TE).

L’uva

Altro prodotto piceno molto apprezzato dai romani e, secondo le fonti, gradito perfino al di fuori dell’Italia, era l’uva e anche in questo caso Plinio ci dà testimonianza del suo consumo:

“[…] Hirtiola Umbriae Mevanatique et Piceno agro peculiaris est, Amiternino pumula; isdem bananica fallax est, adamant tamen eam.” (Plin. Nat. Hist. XIV 37)

“[…] L’irziola è una specie di uva peculiare dell’Umbria, del territorio intorno a Bevagna e dell’agro Piceno, mentre la pumula di quello di Amiterno; in questi stessi luoghi cresce la bananica, che è ingannevole, anche se molto apprezzata” (trad. L. Antonelli)

In un passo successivo Plinio precisa:

“[…] Mirum ibi cum sole circumagi uvam quae ob id streptis vocatur, et in Italia Gallicam placere, trans Alpis vero Picenam” (Plin. Nat. Hist. XIV 39)

“[…] Esiste in quei luoghi – cosa straordinaria- un tipo di uva che segue i movimenti del sole e che perciò è chiamata streptis: e in Italia è apprezzata l’uva Gallica, mentre al di là delle Alpi quella Picena” (trad. L. Antonelli)

Come per le olive, anche l’uva è attestata archeologicamente per le fasi preromane, abbiamo infatti testimonianza dall’abitato di Piano di Fonte Marcosa (MC) (S. Coubray) e anche dalla necropoli di Matelica (MC), precisamente dalla tomba di Villa Clara. In questa sepoltura all’interno di un bacile sono stati rinvenuti 200 vinaccioli d’uva coltivata (vitis Vinifera), il cui cospicuo numero fa presupporre la presenza all’interno del contenitore di diversi grappoli (G.Baldelli). La tomba è datata tra gli ultimi decenni dell’VIII e i primi decenni del VII secolo a.C.

I cerali

Secondo quanto riportato dalle fonti antiche, tra i cereali che venivano coltivati nel piceno vi era sicuramente l’alica, una varietà di grano che veniva utilizzata per la preparazione del cosiddetto Panis picentinus. Non si trattava di un vero pane, ma era il risultato di un impasto di alica, che era stata messa a macerare per nove giorni, con succo d’uva passa.  Una volta cotto, veniva poi consumato ammollato nel latte e miele.

Plinio interviene ancora come memoria storica, ricordandocene la sua preparazione:

“Durat suo Piceno in panis inventiones gratia ex alicae materia. Eum novem diebus maceratum decumo ad speciem tractae subigunt uvae passae suco, postea in fornis ollis inditum, quae rumpantur ibi, torrent. Neque est eo cibus nisi madefacto, quod fit lacte maxime mulso.”

“Perdura per il Piceno la sua fama per l’invenzione della spelta. Macerato per nove giorni, l’impastano al decimo al modo della sfoglia con succo d’uva passa, messo poi nei forni lo cuociono in recipienti che qui si rompono. Non s’ottiene cibo da esso se non ammorbidito, il che avviene con latte soprattutto mielato.” (Plinio – Naturalis Historia – XVIII, 106)

Apicio, noto gastronomo romano, include il pane piceno come ingrediente in una delle sue ricette, la Sala Cattabia, di cui vogliamo riportare il procedimento:

“Aliter sala cattabia Apiciana: adicies in mortario apii semen, puleium aridum, mentam aridam, gingiber, coriandrum viridem, uvam passam enucleatam, mel, acetum, oleum et vinum, conteres. Adicies in caccabulo panis Picentini frustra, intepones pulpas pulli, glandulas haedinas, caseum Vestinum, nucleos pineos, cucumeres, cepas aridas minute concisas. Ius supra perfundes. Insuper nivem sub hora asparges et inferes.”

“Altra ricetta, sala cattabia alla Apicio. Metti nel mortaio dei semi di sedano, puleggio secco, menta secca, zenzero, coriandolo fresco, uva passa senza semetti, miele, aceto, olio e vino; pesta (il tutto). Metti in una padella dei pezzi di pane piceno e alternalo a strati di carne di pollo, animelle di capretto, formaggio vestino, pinoli, cetrioli, cipolle secche affettate minutamente. Innaffia la salsa. Metti sul coperchio la neve e, al momento opportuno, servi.”
(Apicio – De Re coquinaria – IV, 1-2 / Traduzione G. Carazzali).

Inoltre, sempre dai livelli dell’età del Ferro del sito di Piano di Fonte Marcosa (MC) provengono testimonianze di pollini di cerali, in particolare orzo e frumento/avena (M. Silvestrini).

Gli alberi da frutto

Il territorio piceno era ed è sicuramente tutt’oggi una campagna molto fertile, che restituisce i suoi frutti con generosità e ricca varietà. Secondo Strabone però il territorio dei Piceni sarebbe, per le sue caratteriste, più adatto a certi tipi di colture:

“…si sviluppa più in lunghezza che in larghezza ed è fertile per ogni tipo di coltivazione, ma più adatto agli alberi da frutto che ai cereali…”
(Strabone – Geografia – V, 4-2).

Oltre alla già citata oliva, le fonti antiche ricordano in più occasioni la frutta picena. Per fare un esempio, Orazio nomina le mele picene:

“Picenis cedunt pomis Tiburtia suco; / Nam facie praestant. […]”
“Le mele di Tivoli sono inferiori a quelle picene per sapore, ma più belle d’aspetto […]”
(Orazio – Satire – II 4, 70-71 / Traduzione L. Antonelli)

Da Plinio abbiamo invece testimonianza delle pere picene:

“Patriae nomina habent serissima omnium Amerina, Picentina […] minuta, Alexandrina, Numidiana, Graeca […]”

“Prendono nome dal territorio d’origine le pere amerine, le più tardive di tutte, le picentine, […], le alessandrine, le numidiane, le greche […]”(Plinio – Natutalis Historia – XV, 55 / Traduzione L. Antonelli)

Le fonti latine ci descrivono quindi quelle che erano le peculiarità del territorio piceno apprezzate in epoca romana. Qualità che, come possiamo affermare grazie alle testimonianze archeologiche, quasi sicuramente erano conosciute e apprezzate anche nella fase precedente dalle genti picene. Tra i prodotti descritti, sicuramente interessante è il fatto che ancora oggi l’oliva verde picena costituisce un prodotto qualificato e ricercato.

Autore: Benedetta Ficcadenti

Articolo pubblicato in storieparallele.it (https://www.storieparallele.it/tipicita-picene/)

Bibliografia

ANTONELLI L., I Piceni, Corpus delle Fonti. La documentazione letteraria, Roma 2003

COLONNA G., FRANCHI DELL’ORTO L. (a cura di), I piceni. Popolo d’ Europa, catalogo della mostra, Roma 1999.

NASO A., Il quadro ambientale e paesaggistico del versante medio-adriatico, in I Piceni l’Italia medio-adriatica, Atti del XXII Convegno di Studi Etruschi ed Italici. Ascoli Piceno · Teramo · Ancona, 9-13 aprile 2000, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa · Roma 2003.

COUBRAY S., Le risorse naturali, in COLONNA G., FRANCHI DELL’ORTO L. (a cura di), I piceni. Popolo d’ Europa, catalogo della mostra, Roma 1999, pp. 6-8.

DE MARINIS G., SILVESTRINI M., La tomba di villa Clara in G. DE MARINIS, M. SILVESTRINI, (a cura di), Archeologia a Matelica: Nuove acquisizioni, Catalogo della mostra, Matelica Palazzo Ottoni 1999

SILVESTRINI M., L’insediamento dell’età del Ferro di Moscosi di Cingoli, in COLONNA G., FRANCHI DELL’ORTO L. (a cura di), I piceni. Popolo d’ Europa, catalogo della mostra, Roma 1999, pp. 166-167

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